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Gli Algoritmi sono procedimenti sistematici di calcolo utilizzati per analizzare dati.
A partire dal 2004, anno in cui “The Facebook” apre ufficialmente i battenti, questi procedimenti sono diventati sempre più importanti e necessari per chi lavora nel mondo della comunicazione.
Perché?
Facebook, Instagram, LinkedIn e i motori di ricerca come Google, utilizzano gli algoritmi per mostrare agli utenti delle informazioni “filtrate”.
Per essere più chiaro, quando un utente naviga su Facebook o fa una ricerca su Google, non è lui a scegliere direttamente il contenuto da visualizzare.
Sono gli algoritmi che intervengono e mostrano dei risultati, ritenuti dai loro sistemi di calcolo pertinenti e coerenti, in “linea” con quelli che sono i gusti e le abitudini degli utenti che hanno avviato una ricerca.
Lo scopo è quello di creare delle esperienze incredibilmente positive tali da spingere le persone a restare più tempo sulle piattaforme.
Soprattutto per questioni economiche.
Infatti, più tempo passiamo sui Social e sui motori di ricerca, più pubblicità vediamo, più le aziende guadagnano.
Un vero e proprio filtraggio informativo che a tratti può sembrare anche comodo, vista la quantità innumerevole di contenuti che ogni giorno vengono pubblicati.
Dall’altro lato però si rischia di alimentare e costituire delle “bolle chiuse”: ambienti frequentati dalle stesse persone, che comunicano sempre allo stesso modo.
Una sorta di circolo vizioso dove giri e rigiri, ti ritrovi sempre allo stesso punto.
Dal punto di vista tecnico questo “circolo vizioso” è paragonabile a dei veri e propri ecosistemi.
Facebook, con Instagram e Whatsapp, è l’ecosistema più potente in circolazione, soggetto di innumerevoli strategie comunicative.
Ma di questo ne parlerò in un altro articolo.
Quali sono le conseguenze?
Le nostre idee vengono influenzate e manipolate da questo ecosistema in cui “noi” entriamo.
Per fare un esempio, analizziamo la campagna elettorale di Donald Trump e il sistema utilizzato dalla società di consulenza britannica Cambridge Analytica.
Grazie alla combinazione di innumerevoli dati, raccolti attraverso il data mining, e allo studio dei comportamenti umani, la Cambridge Analytica sfruttò per la campagna elettorale di Donald Trump il profilo psicologico degli utenti, per impacchettare dei messaggi altamente personalizzati volti a colpire le loro debolezze e paure.
Messaggi appetibili con notizie false sul rivale politico, oggi note anche come fake news, e immagini create ad hoc per acquisire consensi.
Strategia che influenzò negativamente il sentimento dell’elettorato dell’avversario politico e che portò Trump alla vittoria.
Gli algoritmi ci capiscono.
Gli algoritmi ci influenzano.
E molti non lo sanno.
Sono all’oscuro dell’esistenza di un “sistema di calcolo” che si alimenta, ogni giorno, di informazioni che noi gli rilasciamo inconsapevolmente.
Un semplice like, un commento, una ricerca fatta su Google o la visualizzazione di un video, aiutano l’algoritmo a categorizzare i nostri comportamenti, le nostre abitudini e preferenze.
Questi siamo noi: interazioni in pasto all’algoritmo.